La poesia nel cassetto

La poesia nel cassetto, ovvero: ritrovamenti. E non era solo in un cassetto. Era nella tasca interna in quarta di copertina di un quaderno manoscritto, una sorta di diario, sepolto in un cassetto, e il cassetto era affollato di documenti, articoli di cancelleria, giochi da tavolo, utensili, fiori pressati, vecchie fotografie, vecchie cartoline, nastri di seta, dichiarazioni d’amore, penne stilografiche con macchie d’inchiostro blu, timbri, pastelli acquerellabili. Ed eccola qua. La poesia nel cassetto.

Scrivere con le labbra

“Ho composto una poesia”
in un sussurro annunci.
“Ti ascolto”, dico.
Ma taci, e t’imbarazzi.
“A dirla mi vergogno,

Te la scrivo.

Te la scrivo sul braccio,
sulla spalla.
Te la scrivo sul collo,
sulla guancia.
Te la scrivo sulla pancia,

Sulla punta delle dita,
una per una,
te la scrivo
una parola per ciascuna.

Sull’orecchio, sulla nuca,
sulla schiena e poi
aspetta: serve un ciglio
per la rima.

Chiudi gli occhi, piano
ascolta
mentre ti bacio e scrivo
un’altra volta

Sul braccio, la spalla,
il collo, la guancia,
la punta delle dita,
gli occhi, la pancia.

Te la scrivo, adesso
sulla schiena.
(Non ti muovere
ho cominciato appena)”.

23/09/2011

La poesia sensoriale di Emilia Barbato

Uscito nel 2018 per Edizioni Pietre Vive, questo libello porta con grazia il suo titolo, manoscritto in copertina come estensione di una grafica essenziale:

<<il rigo tra i rami del sambuco>>

Già dal titolo dunque l’autrice ci offre l’esperienza sensoriale di un profumo peculiare, quello del sambuco, che porta con sé la brezza che ne muove le fronde, che quasi percepiamo sul viso, col tepore d’una giornata tersa. La promessa evocativa viene mantenuta, e il tema difficile del percorso attraverso la malattia, verso la guarigione, proposto con levità ed eleganza.

I brevi lampi dove solide crescevano
le attese e l'indocile presente, l'odore
della terra, tracciamo in silenzio una retta
comune degli spaventi,
progettiamo affinità, ma la bellezza si
fa piena se incompiuta
guarda come si smarriscono le nostre
figure allo specchio.

Ti scrivo in giorni di apparente luce
- penso di scriverti ma non lo faccio
il buio entra in forma di punteruoli
che aprono il silenzio - 
Con la maniera affannata dei pomeriggi
inseguo raggi, i favori del cielo,
il corpo di una sconosciuta che mi precede
e ondeggia sulla strada come un metronomo,
fuori tutto si direbbe procedere
con l'entusiasmo dell'estate
ma dentro sono ferma, stretta
da una nuova chiarezza,
mi chiedo quando questo sasso
che mi distacca abbia formato
una tale consistenza e quante
cose in questo modo io manchi.
giorni di apparente luce
Emilia Barbato, Il rigo tra i rami del sambuco, Edizioni Pietre Vive, 2018

Invenzione faraonica a due voci

poesia ispirata all’opera di Nada Pivetta La stirpe, di Laura D’Incà, inclusa nell’antologia Love is, pubblicata a Milano nel 1997

Love is, 1997
Catalogo della mostra collettiva Love is, Milano, 1997


È bello bagnarsi nel laghetto con Te
scendere in acqua con Te
e a Te mostrarmi nella mia bellezza
avvolta in finissimi lini regali,
con un pesce rosso tra le dita.
Vieni a vedermi.

Akenathon
La lampada è spenta. La regina Hatchepsut
l’eterno sonno dorme: nei secoli dimenticata
con le sue regali ambiguità.
Il figlio Ra parlerà agli dei: all’alba l’oro
di Aton si spargerà tutt’attorno. Carezza di
polvere preziosa sulla tua pelle, canteranno
intere generazioni nei secoli la magnificenza
di Nefertiti.
Vieni, per il tempo che dura l’alba,
al mio fianco risplendi.
D’ambra cospargerò i tuoi capelli, vieni. Le mie
mani scorrono sul tuo collo divino, in te l’essenza di
Hator stessa si è rivelata. Le sacre labbra di
Akenathon traboccano di faraoniche delizie, e tu
ne sei eternamente degna.

Nefertiti
Oltre le rive del Nilo, oltre l’eterno sogno,
che le serve di Ra adornino la sposa di Akenathon
di stoffe pregiate e pietre preziose.
Nel luogo in cui il sole riposa
prima di sorgere più splendente ancora,
il mio amore per Akenathon divino
moltiplica nei gesti la grandezza di Ra.
Eternamente esisto
per cantare la divinità del mio Sposo.
Oltre il potere di Thot giungerà la mia
venerazione, eternamente bella
in Amon-Ra, per la gloria di Akenathon.

Invenzione Faraonica a due voci
Nada Pivetta, La stirpe, bronzo, cm 53x24x17
Akenathon, faraone egizio della XVIII dinastia
Hatchepsut, regina egizia, quinta sovrana della XVIII dinastia
Ra, divinità dell'antico Egitto, identificato principalmente con il sole di mezzogiorno
Nefertiti, regina egizia della XVIII dinastia
Hator, divinità egizia, dea della gioia, dell'amore, della maternità e della bellezza
Thot, divinità egizia, dio della Luna, della sapienza, della scrittura, della magia, della misura del tempo, della matematica e della geometria. È rappresentato sotto forma di ibis sacro, uccello che volava sulle rive del Nilo 
Amon-Ra, la divinità più potente nella mitologia egizia, re di tutti gli dei del Phanteon egizio

Cecilia Casanova, Santiago del Cile

Cecilia Casanova è stata la poetessa cilena più riconosciuta della generazione degli anni ’50. Nacque nel 1926 a Santiago, dove apparentemente visse tutta la sua vita, e dove morì nel 2014 all’età di 92 anni, dejando un legado que quedará plasmado en la poesía nacional (Ministeriode las Culturas, las Artes y el Patrimonio, Gobierno de Chile). Teneva una matita sul comodino, “per ogni evenienza”. Incontrò, verosimilmente, Pablo Neruda, e forse furono amici. Non so se si dedicarono reciprocamente dei versi, se si scrissero lettere, né come trascorsero il loro tempo insieme. Riflettendo sul significato dell’amicizia, cercando in rete, Cecilia Casanova fa spesso capolino con “Ni él, ni yo”.

Ni él
ni yo
nos dimos cuenta
que nuestra amistad estaba llena
de recovecos.
Traducirla
habría sido sacrílego.

(dalla raccolta "Estación Termini", Editorial Cuarto Proprio, Santiago del Cile, 2004)
Né lui
né io
ci siamo resi conto
che la nostra amicizia era piena
di complicazioni.
Esprimerla
sarebbe stato sacrilego.

(trad. Laura D'Incà)

Cecilia Casanova

Fonti:
Universidad de Valparaíso, Las Últimas Noticias, 21 de abril de 2014 https://editorial.uv.cl/
Ministeriode las Culturas, las Artes y el Patrimonio, Gobierno de Chile, Literatura nacional despide a Cecilia Casanova https://www.cultura.gob.cl/
Cecilia Casanova, Estación Termini, Editorial Cuarto Propio, 2004, ISBN 9789562603249

Camminare

(Pubblicato per la prima volta il il 22 Settembre 2004)

In città si diventa miopi. Soprattutto se la maggior parte del tempo è sprecata a fissare un monitor. Letteralmente. E metaforicamente. Narcisismo all’ennesima potenza. O si annega, o s’impara a nuotare. Lo studio parte dai panorami più gettonati, da quello che si guarda senza vedere: fotografarlo obbliga a riflettere (Narciso, ancora). Ecco, i marciapiedi. Il percorso, dalla visione egoica (i miei propri piedi), si sviluppa, diventa azione: il camminare. Poi, finalmente, altri passi (dai miei piedi a quelli altrui) che condurranno a un’idea di movimento più allargata.

Camino sobre mis pies, /sin muletas ni bastón, /y mi voz entera es /la voz entera del son. /Camino sobre mis pies, /sin muletas ni bastón […]/ hay que andar, /hay que mirar para ver, /hay que andar […] (Cuando yo vine a este mundo, Nicolas Guillén)

I walk on my feet /without a crutch nor a stick /and my whole voice is /the whole voice of the sun. / You’ve to go, /you’ve to look if you want to see, /you’ve to walk.

(When I came to this world, Nicolas Guillén)

Cammino con i miei piedi, /senza stampella o bastone, /e la mia voce intera
è /la voce intera del sole./ bisogna andare, /bisogna guardare per vedere, /bisogna camminare.

(Quando son venuto al mondo, Nicolas Guillén)