C’è abbraccio e abbraccio (l’addio)

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C’è abbraccio e abbraccio. Ci sono gli abbracci pro-forma, quelli in cui si sta un po’ distaccati, un passo indietro rispetto alla distanza che permetterebbe di abbracciarsi davvero; ci sono gli abbracci rapidi amichevoli con pacca sulla spalla (ci si abbraccia davvero, per un tempo brevissimo, di solito sorridendo);  gli abbracci d’allegria, come quelli che ci si scambia durante un incontro sportivo. Ci sono abbracci di così tanti tipi, che se vi raccontassi semplicemente “ci siamo abbracciati”, come potreste capire?

Lui era dritto, perfettamente diritto, come sempre
(perché il suo corpo è stabile, la sua schiena inflessibile).

Lui stava diritto, dunque, ed era ora di andare.
Lei stava lì, leggermente sbilanciata a sinistra.
Il braccio destro di lei intorno alla vita di lui.
Il braccio sinistro di lui attorno alle spalle di lei.
Le mani erano aperte, aderenti alla schiena che ciascuno toccava.

Con delicatezza e decisione, a lungo, si strinsero.
Da dove si trovava, non poteva vedere il suo viso.
Sorridendo, chiuse gli occhi e disse: “Ci sono anche cose belle.
Questa per esempio” e disse: “Forse non era il momento giusto”

E questo fu l’addio numero due, che teniamo buono. Perché abbiamo tutti bisogno di un addio decente, anche se non capitano, quasi mai.

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Portrait of my ex-husband as a suitcase

Portrait of my ex-husband as a suitcase
by Selima Hill

Listen, Lord, I know you want to help,
but please can I have a little suitcase instead,
the sort of little, rather battered suitcase
that’s got old labels all over it,
and little elasticated pouches round the inside
for swimming-goggles, necklaces, blackcurrant-juice;
that waits by the door looking so expectant and adorable
you have to take it with you
every time you go out,
that’ll go anywhere and do anything;
that’s as pink and summery, Lord,
as a summer pudding.

Look, O Lord, I know You’re trying to help,
but You’ve never had to deal with an ex-husband, have You,
so You don’t know what it’s actually like, do You?
Winter, Lord.
I need something I can hold.
And I can’t hold hands with a fall of snow, can I?
And it can’t be hard for someone like You, surely,
to get me a little suitcase to carry around.
And I want it to have two tiny keys, please.
And I want a really good one
that will love me for ever.

Ritratto del mio ex-marito in forma di valigia
di Selima Hill
(Trad. L.D’Incà)

Ascolta, Signore, so che vuoi renderti utile,
ma per favore posso avere una valigetta invece,
tipo una valigia piccola, piuttosto ammaccata
tutta coperta di vecchie etichette,
e piccole tasche con l’elastico all’interno
per occhiali da piscina, collane, succo di ribes nero;
che aspetti alla porta così speranzosa e adorabile
che devi per forza portarla con te
ogni volta che esci,
che venga ovunque, che farebbe qualunque cosa;
così rosa ed estiva, Signore,
come un budino estivo.

Guarda, O Signore, lo so che stai cercando di renderti utile,
ma non hai mai avuto a che fare con un ex-marito, vero,
perciò non sai realmente come sia, no?
Inverno, Signore.
Ho bisogno di qualcosa da poter stringere.
E non posso stringerele mani a una nevicata, no?
E non dev’essere difficile per qualcuno come Te, di sicuro,
procurarmi una valigetta da portare in giro.
E la voglio con due minuscole chiavi, per favore.
E ne voglio una buona per davvero
che mi ami per sempre.

Dream #2

Selima Hill once wrote, “All poetry, is love poetry”

Dream #2
by Laura D’Incà

Candyfloss clouds hanged soft and mellow
and red blue yellow balloons were blown
through the dazzling daylight.

We kissed — so awfully deep kisses
and you pushed me against the door

Just in the middle of the fair
there was a fridge — I saw it

A merciless man called you outside
and in a flash of singing voices
in a windy chorus of gently laughs

A crowd of swallows lifted behind you

Sogno #2
di Laura D’Incà

Nuvole di zucchero filato appese dense e morbide
e palloncini rossi blu gialli soffiati
nella la luce abbagliante del giorno

Ci baciavamo – baci così tremendamente profondi
e tu mi spingevi contro la porta

Proprio nel bel mezzo della fiera
c’era un frigo — l’ho visto

Un uomo impietoso da fuori ti chiamava
e in un lampo di voci in canto
in un coro come vento di risate gentili

Una folla di rondini alle tue spalle [in volo] si levava

Essere soli è

“Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro per dare l’esempio.” (Jacques Prévert)

Essere soli è
di Selima Hill (trad. L.D’Incà)

Essere soli è non spogliarsi mai.
Essere soli è indossare berretti da notte.
Essere soli è cercare di prendere sonno
ed essere costantemente interroti
da ragni giganti diretti alla dispensa;
da falene grosse come pipistrelli
che sbattono il loro testolone
contro il mio cuscino;
da pipistrelli il cui piano
è installarsi tra i miei capelli,
da mosconi dall’aria squallida
che si fanno qualche vasca sulla la mia finestra,
e indomiti maggiolini
che provano il tip-tap
a quel punto
tutto quel che voglio è andare a dormire
e sognare una donna – sono io? –
che corre verso te con le braccia dispiegate
in un vestitino al ginocchio che le sta da dio.
Ma no. Non posso.
Devo restare sveglia.
Ogni formica d’Inghilterra è per strada.
Arrivano in file rosse da tutte le parti
e portano greggi di pecore dall’aria truce.

Being single is
by Selima Hill

Being single’s never being nude.
Being single’s wearing hats in bed.
Being single’s trying to get to sleep
and constantly being interrupted
by important-looking spiders
marching off
to the best poison shops;
by moths like bats
banging their fat heads
against my pillow;
by bats whose plan
is to station themselves in my hair,
by mean-looking flies
doing their lengths on my window,
and indomitable old cockchafers
rehearsing their clicketty-clacks
at such a pitch
all I want to do is go to sleep
and dream about a woman – is it me? –
running towards you with her arms outstretched
in a little knee-length dress that suits her perfectly.
But no. I can’t.
I’ve got to stay awake.
Every ant in England’s on its way.
They’re coming in red columns from all sides
driving flocks of ferocious-looking sheep.