Se una sera d’estate un viaggiatore

Attraverso le Alpi, Agosto 2004

Decido di partire, sola e all’ultimo momento, dopo i tentennamenti del mio abituale accompagnatore, che ultimamente tentenna d’abitudine. La meta: le Dolomiti di Primiero. E’ una domenica mattina d’agosto. In giro quasi nessuno. Rimedio un’ottima colazione da Princi in Porta Garibaldi, pochi altri milanesi superstiti intorno. La Milano-Venezia è sgombra, il cielo terso. Non faccio nemmeno una sosta: una tirata unica fino alla barriera di Mestre. Prendo la statale per Treviso, proseguo in direzione di Feltre. Passo una serie di ville incredibilmente eleganti: è valsa la pena di allungare un po’ la strada. A Feltre imbocco la statale per Fiera di Primiero, mi lascio incantare dal suono del fiume, respiro meglio, mi godo la luce obliqua del pomeriggio filtrata dalla vegetazione, dalle rocce dure del paesaggio. La valle si allarga, si popola. A Imer mi fermo a chiedere da che parte devo andare per il Belvedere di Transacqua. Attraverso un ponte di legno, arrivo. Mi sorprende un temporale improvviso, manco a farlo apposta, alla Fantozzi. Ho la camera 105. Decente. Mi cambio. Esco. La scultrice Nada Pivetta espone il frutto degli ultimi anni di lavoro all’interno del suggestivo Palazzo Someda a Fiera di Primiero. All’inaugurazione gente di tutti i tipi, e un gruppo di musicisti jazz da urlo. Le sculture sono terre e legni a forma di armatura, sono corpi di guerrieri, sono giochi di ombre, di pieni e vuoti, di yin e yang.

La strada per Feltre passa lungo un torrente, il Cismon, in una valle scura e verde. A Feltre la temperatura è più alta di qualche grado. Le mura medievali soffuse nella foschia circostante mi fanno rimpiangere immediatamente il panorama sulle Pale di S. Martino da Fiera di Primiero. Ma tant’è. Sono venuta a recuperare il tentennatore incallito, che arriva con il treno delle 18.26. Grazie a questo imprevisto, il mio viaggio proseguirà più accidententato, prolungandosi tre giorni oltre il previsto e passando per Agordo, per Canazei, raggiungerà il Passo Resia, e mi consentirà di rientrare via St. Moritz, Chiavenna, Lecco. Compirò insomma un giro completo senza tornare sui miei passi.

Da quella che suppongo essere la Malga Canali, si sale per un tratto lungo una sterrata larga e ghiaiosa, il torrente a destra, completamente in secca. L’orario è quello sbagliato: le undici, una brutta luce per le foto; se siamo fortunati saremo al rifugio Treviso per l’ora di pranzo, e questo è un punto positivo. La salita non è eccessivamente ripida. Il mio accompagnatore ha scarpe adatte più ai marciapiedi milanesi che ai sassi aguzzi delle Dolomiti, ma sale come uno stambecco. Io la prendo con calma estrema. Adoro passeggiare quassù e detesto avere il fiato corto. Intorno abeti e larici. Più su, invece, solo pietre e rada sterpaglia, niente più alberi, e un’area ghiacciata. Una meraviglia panoramica. L’arido altopiano delle Pale di San Martino comincia poco oltre. In fondo, domina la Cima del Coro, oggetto di un racconto di Dino Buzzati,”Notte d’inverno a Filadelfia”.
Ci domandiamo tuttavia, a questo punto, dove sia il rifugio, colti, oltre che dal brontolio di stomaco, dal dubbio di averlo mancato. Tornati sui nostri passi scopriremo che il rifugio è, ahinoi, in ristrutturazione.
Sulla via del ritorno incrociamo altri escursionisti, tutti informatissimi del fatto. Alla Malga non ci danno da mangiare, è tutto prenotato. Scendiamo al Cant del Gal. Dopo una mezz’oretta di attesa, possiamo ordinare quello che si rivelerà poi il miglior pranzo della vacanza.